mercoledì 22 maggio 2013

LA PSICOTERAPIA FUNZIONA

Una serie di indagini internazionali lo conferma: non ci sono solo le remissioni spontanee e i farmaci.

E' utile ricorrere allo psicoterapeuta o allo psicoanalista? Oppure è preferibile, quando si è ansiosi, insicuri, depressi o preda di un'ossessione rivolgersi ai farmaci? Siamo certi che le psicoterapie curino oppure la remissione, quando c'è, è legata al passare del tempo e quindi è spontanea? E ancora: come orientarsi nella grande varietà di scuole e di approcci terapeutici presenti sul mercato? Esistono metodi più efficaci di altri?
Metodo di indagine
  A queste domande risponde un interessante articolo pubblicato su «Psicologia Contemporanea», la rivista «storica» degli psicologi italiani. L'autore, Mauro Fornaro, spiega come a partire dalla fine degli Anni Sessanta siano nate - anche sotto la spinta dalle compagnie assicurative e dai servizi sanitari nazionali che nelle psicoterapie investono il loro denaro - delle associazioni internazionali, con sezioni in vari Paesi occidentali, tra i quali anche l'Italia. Compito istituzionale di queste associazioni è quello di occuparsi della ricerca in psicoterapia, promuovendo studi in grado di seguire l'iter terapeutico dall'inizio alla fine.
 Il metodo di indagine utilizzato in questo genere di studi è tanto complesso quanto rigoroso ed ora possiamo disporre di risposte piuttosto interessanti e anche un po' sorprendenti. Un primo risultato, unanime, è che le psicoterapie vantano una percentuale di sicuri successi al di sopra delle remissioni spontanee. Per ogni patologia considerata, infatti, gli effetti sono decisamente superiori ai gruppi di controllo, o almeno pari o superiori alle cure con psicofarmaci, di cui comunque rendono più duraturi gli effetti. Il 60-80% dei casi trattati presentano importanti miglioramenti.
Se si utilizza poi la risonanza magnetica e altre tecniche di esplorazione del cervello, si trova una concomitanza tra successo della psicoterapia e rilevanti variazioni nel funzionamento delle aree cerebrali interessate. Inutile dire che questo risultato fornisce una sostanziale boccata d'ossigeno a tutti coloro che si dedicano alla psicoterapia, la cui efficacia era stata messa in dubbio dalle ricerche pionieristiche condotte negli Anni Cinquanta dallo psicologo Hans Eysenck.
Risultato intrigante
Il secondo risultato è invece più intrigante e sorprendente. Confrontando i risultati provenienti da ricerche eseguite su percorsi terapeutici condotti con approcci e tecniche differenti (psicodinamico-psicoanalitico, cognitivo-comportamentale, umanistico-esistenziale, sistemico-relazionale ecc.), è emerso che non c'è evidenza che un tipo di approccio sia superiore ad un altro. Su questo punto secondo i ricercatori varrebbe il verdetto di Dodo (un personaggio di Alice nel paese delle meraviglie): «Tutti hanno vinto e ciascuno merita un premio».
Ma se le tecniche di scuola non sono determinanti ai fini del successo terapeutico, quali sono allora i fattori che maggiormente contribuiscono al successo terapeutico? Più che i fattori specifici, ossia il metodo e le tecniche di trattamento, che inciderebbero per non più dell'8%, l'effetto curativo dipenderebbe in gran parte dai fattori aspecifici. Tali fattori consistono principalmente nella persona del terapeuta: la sua esperienza, il tuo talento, le sue doti umane di ascolto e di disponibilità e, inoltre, nella qualità del rapporto che si instaura tra lui e il paziente. Un fattore centrale risulterebbe essere la cosiddetta «alleanza terapeutica», ossia un mix fatto di fiducia del paziente nei confronti del terapeuta, disponibilità empatica di quest'ultimo e, soprattutto, la sensazione e l'impegno, da parte di entrambi, di lavorare insieme per un obiettivo comune.
Legame profondo

Pur non trattandosi di amicizia, quello che unisce il paziente al terapeuta è un legame profondo che consente al paziente di esprimersi liberamente senza sentirsi giudicato oppure criticato. Questi sente di essere coinvolto in una relazione stabile, sicura, onesta, non coercitiva e «nutriente», al cui interno può esprimersi spontaneamente senza doverne subire le conseguenze. In questo clima egli incomincia a porsi domande su ciò che non sa ancora di se stesso, il che alimenta il suo interesse e il suo impegno e lo porta ad iniziare a pensare in modo diverso, uscendo dagli schemi abituali.

(Tratto da La stampa -Rubriche-Scienze)


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