Una serie di indagini internazionali lo conferma: non ci
sono solo le remissioni spontanee e i farmaci.
E' utile ricorrere allo psicoterapeuta o allo psicoanalista?
Oppure è preferibile, quando si è ansiosi, insicuri, depressi o preda di
un'ossessione rivolgersi ai farmaci? Siamo certi che le psicoterapie curino
oppure la remissione, quando c'è, è legata al passare del tempo e quindi è spontanea?
E ancora: come orientarsi nella grande varietà di scuole e di approcci
terapeutici presenti sul mercato? Esistono metodi più efficaci di altri?
Metodo di indagine
A queste domande
risponde un interessante articolo pubblicato su «Psicologia Contemporanea», la
rivista «storica» degli psicologi italiani. L'autore, Mauro Fornaro, spiega
come a partire dalla fine degli Anni Sessanta siano nate - anche sotto la
spinta dalle compagnie assicurative e dai servizi sanitari nazionali che nelle
psicoterapie investono il loro denaro - delle associazioni internazionali, con
sezioni in vari Paesi occidentali, tra i quali anche l'Italia. Compito
istituzionale di queste associazioni è quello di occuparsi della ricerca in
psicoterapia, promuovendo studi in grado di seguire l'iter terapeutico
dall'inizio alla fine.
Il metodo di indagine
utilizzato in questo genere di studi è tanto complesso quanto rigoroso ed ora
possiamo disporre di risposte piuttosto interessanti e anche un po'
sorprendenti. Un primo risultato, unanime, è che le psicoterapie vantano una
percentuale di sicuri successi al di sopra delle remissioni spontanee. Per ogni
patologia considerata, infatti, gli effetti sono decisamente superiori ai
gruppi di controllo, o almeno pari o superiori alle cure con psicofarmaci, di
cui comunque rendono più duraturi gli effetti. Il 60-80% dei casi trattati
presentano importanti miglioramenti.
Se si utilizza poi la risonanza magnetica e altre tecniche
di esplorazione del cervello, si trova una concomitanza tra successo della
psicoterapia e rilevanti variazioni nel funzionamento delle aree cerebrali
interessate. Inutile dire che questo risultato fornisce una sostanziale boccata
d'ossigeno a tutti coloro che si dedicano alla psicoterapia, la cui efficacia
era stata messa in dubbio dalle ricerche pionieristiche condotte negli Anni
Cinquanta dallo psicologo Hans Eysenck.
Risultato intrigante
Il secondo risultato è invece più intrigante e sorprendente.
Confrontando i risultati provenienti da ricerche eseguite su percorsi
terapeutici condotti con approcci e tecniche differenti
(psicodinamico-psicoanalitico, cognitivo-comportamentale,
umanistico-esistenziale, sistemico-relazionale ecc.), è emerso che non c'è
evidenza che un tipo di approccio sia superiore ad un altro. Su questo punto
secondo i ricercatori varrebbe il verdetto di Dodo (un personaggio di Alice nel
paese delle meraviglie): «Tutti hanno vinto e ciascuno merita un premio».
Ma se le tecniche di scuola non sono determinanti ai fini
del successo terapeutico, quali sono allora i fattori che maggiormente
contribuiscono al successo terapeutico? Più che i fattori specifici, ossia il
metodo e le tecniche di trattamento, che inciderebbero per non più dell'8%,
l'effetto curativo dipenderebbe in gran parte dai fattori aspecifici. Tali
fattori consistono principalmente nella persona del terapeuta: la sua
esperienza, il tuo talento, le sue doti umane di ascolto e di disponibilità e,
inoltre, nella qualità del rapporto che si instaura tra lui e il paziente. Un
fattore centrale risulterebbe essere la cosiddetta «alleanza terapeutica»,
ossia un mix fatto di fiducia del paziente nei confronti del terapeuta,
disponibilità empatica di quest'ultimo e, soprattutto, la sensazione e
l'impegno, da parte di entrambi, di lavorare insieme per un obiettivo comune.
Legame profondo
Pur non trattandosi di amicizia, quello che unisce il
paziente al terapeuta è un legame profondo che consente al paziente di
esprimersi liberamente senza sentirsi giudicato oppure criticato. Questi sente
di essere coinvolto in una relazione stabile, sicura, onesta, non coercitiva e
«nutriente», al cui interno può esprimersi spontaneamente senza doverne subire
le conseguenze. In questo clima egli incomincia a porsi domande su ciò che non
sa ancora di se stesso, il che alimenta il suo interesse e il suo impegno e lo
porta ad iniziare a pensare in modo diverso, uscendo dagli schemi abituali.
(Tratto da La stampa -Rubriche-Scienze)
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